Per i noi Palermitani la data del 13 dicembre è una di quelle che si aspetta con l’acquolina in bocca ed è anticipata dall’odore di frittura nell’aria proveniente dai folkloristici ambulanti dei mercati, dalle numerose rosticcerie e dalle abitazioni; abbiamo deciso di scrivere questo articolo raccogliendo un po’ di info dal web per spiegarvi il perché.
Il 13 dicembre è innanzitutto la festa di Santa Lucia, fanciulla nata a Siracusa intorno al 283, che rifiutò di sposare l’uomo imposto dai genitori e che convertitasi al cristianesimo fù in seguito torturata (le furono cavati gli occhi) e uccisa. Santa Lucia infatti è la protettrice degli occhi e conta un numero elevatissimo di devoti in tutta Italia e nel mondo.
Il legame tra la giovane Aretusea ed i Palermitani risale invece al 1646, quando la Santa con un miracolo liberò la città dalla carestia, facendo arrivare al porto un bastimento carico di grano. Da quel giorno a Palermo non si mangiano cibi contenenti farinacei che lasciano il posto alla Regina della Rosticceria Palermitana: l’Arancina.
Per chi non lo sapesse è una palla di riso fritta con all’interno tradizionalmente ragù, o prosciutto cotto e mozzarella ed il nome deriva dalla forma che ricorda un’arancia, per questo consideriamo errato il chiamarla arancino nonostante nella Sicilia orientale si usa così. Si pensa inoltre che abbia origini arabe e che la panatura risalga alla corte de nostro caro Federico II, in modo che Lo Stupor Mundi poteva consumare questa saporitissima pietanza anche durante le battute di caccia. Oggi inoltre i numerosi Chef danno libero sfogo alla propria creatività condendo l’arancina con diversissimi ingredienti tra cui anche la ricotta ed il cioccolato.
Classica la frase usata il giorno dopo Santa Lucia per fare riferimento al numero di arancine mangiate: “Ma tu quanti ti ‘nni manciaisti?”